The Good Mothers: una serie potente e necessaria

Una serie che racconta la ndrangheta dal punto di vista delle donne che hanno osato sfidarla: ha vinto il primo “Berlinale Series Award” alla 73° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Da oggi i 6 episodi sono disponibili su Disney+.

The Good Mothers è interpretata da Gaia Girace (Lamica geniale) nel ruolo di Denise Cosco, Valentina Bellè (I Medici) nei panni di Giuseppina Pesce, Barbara Chichiarelli (Suburra – La serie) in quelli di Anna Colace, Francesco Colella (ZeroZeroZero) in quelli di Carlo Cosco e con Micaela Ramazzotti nel ruolo di Lea Garofalo.

Ph: Claudio Iannone
Courtesy of Disney

Basato sull’omonimo libro non-fiction del giornalista Alex Perry, premiato con il “George Polk Award”, e adattato per lo schermo da Stephen Butchard (Bagdad CentralThe Last Kingdom), nominato ai BAFTA, il progetto vede la regia di Julian Jarrold, nominato ai BAFTA e agli Emmy (The Crown) e della premiata Elisa Amoruso. Questa serie è unopera corale e sfaccettata che racconta la storia vera di tre donne cresciute all’interno dei più feroci e ricchi clan della ndrangheta, che decidono di collaborare con una coraggiosa magistrata che lavora per distruggerla dall’interno.
Abbiamo visto la serie in anteprima e per offrirvi un punto di vista diverso e il più completo possibile, l’abbiamo commentata insieme alla redazione di Dituttounpop. Ecco quindi tre punti di vista diversi e per certi versi simili, su una serie che siamo sicuri lascerà il segno, non solo in Italia ma in tutto il mondo.

Una serie dolorosa ma necessaria – di Giorgia Di Stefano

La narrazione televisiva e cinematografica italiana ci ha abituati a storie sulla mafia e sulla criminalità organizzata esclusivamente al maschile, in cui spesso la violenza viene esaltata e i personaggi di boss e criminali addirittura in alcune circostanze mitizzati.
The Good Mothers, fra i tanti pregi, vanta quello di quello di introdurre un punto di vista inedito e necessario, quello femminile, su un tema purtroppo sempre attuale come quello del destino delle donne di mafia e di ‘ndrangheta che “osano” ribellarsi alle proprie famiglie.
La ’ndrangheta, una delle cosche mafiose con meno pentiti in assoluto, è un fenomeno criminale dilagante non soltanto in Calabria, ma anche nel resto d’Italia e in tutto il mondo.
Le donne della ‘ndrangheta sono mogli, madri, sorelle e figlie e sono invisibili, fragili, incapaci di fuggire alle dinamiche a loro imposte dalla famiglia e dalla comunità, dal sistema patriarcale dominante e dal contesto culturale ed educativo in cui sono cresciute. Donne diventate madri troppo presto, che non hanno avuto la possibilità di poter decidere della propria sorte, rinchiuse tra le mura domestiche, dimenticate da tutti.
Alcune di queste donne, più coraggiose di altre, hanno deciso di rinunciare alla propria identità pur di denunciare soprusi e abusi, costrette a vivere guardandosi le spalle per difendere loro stesse e la loro vita, in preda a un pericolo sempre incombente. Donne oppresse da mariti criminali e da una violenza strisciante, omertosa, silenziosa, oppresse dai tentacoli della ‘ndrangheta all’interno delle loro famiglie, le stesse famiglie che nella maggior dei casi – se non in tutti – provano ogni strategia per non farle collaborare con la giustizia. Una giustizia, che spesso, volta loro le spalle, lasciandole sole, indifese, abbandonate.
The Good Mothers è una serie potente, che tenta disperatamente di onorare queste donne e di infondere coraggio e forza a tutte quelle ancora prigioniere, a quelle che non ce l’hanno fatta, a quelle dimenticate.
Superato il primo episodio, questa serie vi guiderà in storie dolorose e respingenti ma, come abbiamo detto all’inizio, necessarie: è una serie violacea, come i lividi inferti; minacciosa, come la fotografia buia e “umida” che entra quasi nelle ossa; angosciante, come la musica che fa da colonna sonora, una ninna nanna incessante, che getta un’ombra oscura sul passato, presente e futuro delle vittime della ‘ndrangheta.

Un racconto misurato – di Riccardo Cristilli

The Good Mothers non è una serie scintillante e spettacolare, che colpisce e stupisce ma un prodotto misurato e necessario per il tema che tratta e la modalità in cui riesce a farlo. Disney+ come ha già dimostrato con Le Fate Ignoranti, nelle sue produzioni originali ricalca lo stile della televisione generalista, ma rigenerato per un pubblico moderno. La serie è lineare nella sua costruzione, talvolta anche rigida nell’impostazione e nel montaggio, proprio per non far distrarre lo spettatore. Bisogna seguire la vicenda cruda e diretta entrandone nel vivo.
Anche la recitazione è misurata, a sorprendere è l’interpretazione di Valentina Bellè nei panni di Giuseppina, una donna calabrese figlia, sorella e moglie di ‘ndrangheta ma orgogliosa e desiderosa di avere una propria dignità. Si conferma Andrea Dodero dopo Blocco 181, così come Barbara Chichiarelli ormai incastrata nei ruoli di esponente delle forze dell’ordine dopo Bang Bang Baby e Corpo Libero. Raccontando una storia contemporanea, fa riflettere su una parte di mondo che fingiamo non esista, sempre concentrati sulla realtà cittadina, sulla vita moderna. Una serie profondamente europea, italiana, nello stile e nell’impostazione tra impegno civile e umanità. 

Ph: Claudio Iannone
Courtesy of Disney

Una mafia story con un punto di vista inedito – di Federico Vascotto

Le mafia story continuano nel Belpaese… che non è più così bello, se pensiamo che realtà come quella di The Good Mothers esistono davvero, le abbiamo dietro casa, eppure facciamo finta di non vederle. Tanto più che quella di Lea Garofalo è una storia drammaticamente vera. Un gangster drama che segue gli stilemi del genere pur raccontando un punto di vista inedito: quello delle invisibili, delle donne della ‘ndrangheta troppo frequentemente tenute sotto silenzio e ritenute poco determinanti.
Colpiscono tra tutte soprattutto le interpretazioni di Francesco Colella (trasformista, pensiamo a Petra 2, e villain mefistofelico, pensiamo a Christian) e Valentina Bellè, che ha fatto un lavoro incredibile, accento compreso, per trasformarsi in Giuseppina, un’altra donna che è stufa di stare zitta e che vorrebbe essere ascoltata: non importerà da chi, pur se fosse la Legge, che potrebbe cambiare tutto.

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