Welcome to Chippendales, un true crime diverso e perché guardarlo

8 episodi disponibili su Disney+: una serie tv passata troppo in sordina in questi giorni che merita di essere vista se amate le storie vere raccontate sul piccolo schermo.

Questa serie tv, targata Hulu, è tante cose insieme, forse troppe, ma si afferma tuttavia come un titolo interessante tra quelli usciti a gennaio, tanto che The Collider l’ha definita da subito “100% pure guilty pleasure”. Ma forse c’è di più.

Welcome to Chippendales ripercorre gli eventi realmente accaduti che hanno portato alla nascita dei Chippendales, un gruppo di ballerini e spogliarellisti statunitensi noti per le loro esibizioni di strip tease in spettacoli di cabaret.
Lo show è nato a Los Angeles a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, in un club che portava lo stesso nome, e che ebbe un successo immediato: in breve tempo Chippendales divenne un fenomeno culturale negli Stati Uniti.
Lo show è ancora in attività (cliccare per credere), ma quello che molti potrebbero non sapere è che alle origini di tutto c’è una storia di intrighi e crimini.

La serie tv racconta proprio questa storia, che ha inizio negli anni ’70: due imprenditori, Somen “Steve” Banerjee (interpretato da Kumail Nanjiani, già in Silicon Valley), un immigrato indiano intraprendente, e Nick De Noia (interpretato da Murray Bartlett, già in The White Lotus), coreografo vincitore di due Emmy, ebbero l’idea di creare uno spettacolo di strip tease per donne. Entrambi alla rincorsa del sogno americano del successo a tutti i costi, mossi da diversi ma innegabili talenti, e pronti a tutto, si trovarono prima a vivere quel sogno che inseguivano e poi a finire in una spirale di intrighi, delinquenza e crimini di cui saranno i protagonisti.
Welcome to Chippendales racconta la storia dall’inizio, e per quanto incredibile sia, si tratta di una storia vera, e la serie può quindi essere considerata in parte un true crime.

Welcome to Chippendales, un true crime diverso

Gli anni ’60 sono ormai passati da un decennio e la rivoluzione dei costumi si sta evolvendo in altro che le colorate proteste dei Sixties. Il mito a cui guardare per Steve Banerjee è Hugh Hefner, Playboy e la sua “sheer opulence”.
Steve abbandona così il suo posto a una pompa di benzina e investe tutti i suoi risparmi con l’intento di fondare “un locale tutto suo con blackjack e squillo di lusso”.
Il primo episodio della serie racconta i tentativi falliti nel lanciare l’impresa, l’idea che cambiò tutto e il primo successo, in una società che sta cambiando, tra donne che prendono sempre più coscienza della loro sessualità e un omicidio che scuote l’America per la sua efferatezza.

Welcome to Chippendales — A sprawling true-crime saga, “Welcome to Chippendales” tells the outrageous story of Somen “Steve” Banerjee, an Indian immigrant who became the unlikely founder of the world’s greatest male-stripping empire—and let nothing stand in his way in the process. Denise (Juliette Lewis), shown. (Photo by: Erin Simkin/Hulu)

L’interpretazione di Nanjiani è il primo motivo per guardare Welcome to Chippendales.
Come sottolinea il Collider, “alla prova con un ruolo diverso da quelli a cui è abituato, Nanjiani è coinvolgente, e impersona perfettamente le diverse anime dell’imprenditore, a tratti sognatore, affettuoso verso la moglie e impulsivo, ma anche disperato, al punto da sviluppare tendenze omicide“.
La serie non risparmia riflessioni sul razzismo strisciante o meno nella società americana del tempo, sull’ipocrisia dei costumi e sul mix esplosivo tra questi e la rincorsa sfrenata al successo.

L’emblema di tutto questo è il personaggio di Nick De Noia, interpretato da Murray Bartlett, che abbiamo amato per il suo impenitente Armond nella prima stagione di The White Lotus. De Noia è ossessionato dal superare il suo successo agli Emmy, è il genio dietro le coreografie che consolidano il successo dei Chippendales e che presto entra in conflitto con Banerjee per il controllo dell’impresa.
Secondo il New Yorker, “De Noia è l’unico personaggio veramente sviluppato della serie” e si spinge addirittura al paragone con l’arco narrativo di Walter White in Breaking Bad, da “a striving underdog into a self-pitying sociopath”.

Perché guardare Welcome to Chippendales

Nanjiani e Bartlett non sbagliano e in questa miniserie danno una vivida rappresentazione di due uomini ossessionati e del loro inevitabile conflitto. La regia è patinata, rispondendo al gusto dell’epoca che rappresenta, così come il casting: qualcuno ha notato come gli spogliarellisti siano scelti accuratamente per non avere fisici perfetti da professionisti, ma da uomini che per la prima volta si trovano a fare qualcosa che fino ad allora era destinato alle donne.

True crime, questioni di genere e razziali, personaggi complessi, Welcome to Chippendales ha tutto, forse troppo per essere perfetta, ma abbastanza per tenervi incollati allo schermo per 8 episodi da 40 minuti disponibili su Disney+.

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