Storie di Serie: Love Life, molto più che una romantic comedy

Love Life, la romantic comedy creata da Sam Boyd, approda con un’ottima seconda stagione su Netflix.
Vi raccontiamo perché vederla con un approfondimento sul mondo dell’editoria americano e i pregiudizi razziali.

Ph: © MMXXI Lions Gate Television Inc. All Rights

Protagonista di questa season 2, William Jackson Harper, attore statunitense noto soprattutto per il ruolo di Chidi nella deliziosa dramedy fantasy The Good Place, creata da Michael Schur e interpretata da Kristen Bell, indimenticabile Veronica Mars.
La prima stagione di Love Life, scelta come titolo di lancio per la piattaforma streaming HBO Max nel 2020, aveva come protagonista la talentuosa e adorabile Anna Kendrick, nei panni di Darby Carter, una millenial alla ricerca del grande amore nel caos di una città frenetica e meravigliosa come solo New York sa essere. Stagione deliziosa e commovente: ne abbiamo parlato qui.
Nonostante l’apparente aspetto frivolo e leggero, Love Life si dimostrò da subito una serie più “adulta” di quanto potesse sembrare e siamo pronti a scommettere che se fosse stato un film, sarebbe stato sicuramente in concorso al Sundance Film Festival o avrebbe riscosso lo stesso successo di lungometraggi come 500 Days of Summer.
Nella prima, come nella seconda stagione, la serie racconta la ricerca dell’amore in una grande metropoli, portandoci dritti dritti nelle abitudini e nello stile di vita dei millenials, spesso caratterizzato da lavori precari, relazioni prive di un lieto fine e un senso di costante instabilità a tormentarli.
E Darby ne è stato un esempio perfetto.

È proprio lei a introdurci Marcus Watkins: la scena iniziale della seconda stagione di Love Life, infatti, ci mostra Darby nel 2016 durante la festa per il suo matrimonio con Magnus, a bere uno shot di tequila al bancone in cui è seduto Marcus, amico e invitato all’evento.
Da lì, iniziamo a conoscere la sua storia che, nell’arco di dieci episodi, si svilupperà nel corso di oltre cinque anni.
Marcus Watkins è un uomo afroamericano sotto la quarantina, figlio di due ex insegnanti e con una sorella queer, da anni incastrato in un matrimonio ormai agli sgoccioli e con un lavoro dignitoso che porta avanti da diverso tempo.
È un uomo che “si è sempre adattato per sopravvivere, costruendo delle versioni camaleontiche di sé, al fine di presentare una certa facciata al mondo”, come lo introduce la voce narrante della serie.
Lo conosciamo la sera in cui l’incontro con una donna di nome Mia Hines (Jessica Williams), cambierà per sempre il corso della sua vita. Non è spoiler dire che, sin dal primo episodio, il suo matrimonio intraprenderà la strada della rottura, portando così Marcus verso la (disperata) ricerca del vero amore e di quella passione capace di sopravvivere nel tempo.

© MMXXI Lions Gate Television Inc. All Rights Reserved william-

La sua storia, tipica di molti thirty-something di oggi, è raccontata in maniera realistica, alternando momenti ironici ad altri più drammatici o di grande riflessione.
Senza cadere in troppi cliché, Love Life racconta il viaggio di Marcus dal divorzio in avanti, tra alti e bassi nella sua vita sentimentale e familiare, affrontando tematiche estremamente attuali, attraverso una sceneggiatura asciutta ed efficace, dialoghi ben scritti e mai piatti o banali e una regia fresca e dallo stile contemporaneo.

La sceneggiatura della serie analizza e approfondisce diversi temi molto attuali e tipici delle relazioni, dei problemi di coppia e legati al desiderio di creare legami.
Perché in fondo, Love Life, parla proprio di questo: nonostante si abbia la certezza che il destino, l’anima gemella e “la persona giusta” non esistano, gli esseri umani, oltre a cercare costantemente un proprio posto nel mondo, desiderano sempre più creare legami capaci di dar loro stabilità, tranquillità e sicurezza.
Nei cinque anni che ci portano nel cuore della storia di Marcus, lo vediamo in principio “soffocare” in una relazione arrivata da tempo al capolinea e sotterrata sotto una spessa coltre di abitudine e in seguito tentare di rialzarsi dopo il divorzio.
Come? In due modi: inizialmente collezionando incontri fugaci, spesso soltanto di una notte, per colmare un vuoto e saziare il proprio ego, per poi rifugiarsi in una relazione priva di “fuochi d’artificio”, ma alimentata da piccole scintille che sul momento a lui bastano per avere compagnia, più che una vera storia d’amore.
Nel corso degli anni, Marcus si trova faccia a faccia con problemi oggi attuali nelle relazioni, sia di carattere sessuale che relazionale. E ancora, difficoltà a comunicare con i genitori anziani, imprevisti inaspettati, perdite, fallimenti.

La serie, negli episodi finali, attraversa anche tutta la fase della pandemia, raccontando con ironia i cambiamenti sortiti nella vita di ogni individuo dal lockdown in avanti, a livello sentimentale e lavorativo.
Ironizza inoltre sulla quantità di divorzi esplosi subito dopo il periodo di chiusura (solo nel 2020, si è registrato un aumento dei divorzi del 34% rispetto al 2019 e i dati sono in continua crescita) e racconta di tradimenti, assunzione di droghe, disturbi mentali.
Quello di Marcus è un micro mondo molto simile a quello di ognuno di noi, per un verso o per l’altro: una storia di vita universale, semplice ma piena di speranza, capace di far ridere e di sorridere amaramente.

Ph: courtesy of Sarah Shull on Unsplash

Gran parte della vita del protagonista di Love Life, ha anche a che fare con la sua professione: lavora infatti, da anni, in una casa editrice in qualità di editor, ricoprendo nel corso della storia anche altre posizioni. Un ruolo rispettabile, di prestigio e inusuale (come spesso viene ribadito) per un afroamericano negli Stati Uniti. Sul tema, Marcus non si risparmia di scherzare o polemizzare all’occorrenza anche con il suo capo e i suoi colleghi.

Questo è indubbiamente un argomento molto ricorrente anche tra gli americani: nel 2020, il New York Times gli dedicò un articolo, dal titolo “A Conflicted Cultural Force – What It’s Like To Be Black in Publishing”, in cui intervistando otto professionisti dell’editoria – impiegati in diversi aspetti del settore, tra cui un autore, un agente letterario, un marketer, un addetto stampa, editori e librai – viene raccontato approfonditamente come un pregiudizio razziale possa influenzare un ambiente di lavoro, dove il mondo dell’editoria non fa eccezioni.
Quello che sta cambiando, dopo l’omicidio di George Floyd, è indubbiamente “la varietà in termini di ciò che viene pubblicato nel mercato afroamericano e di storie che vengono raccontate” secondo Tracy Sherrod, editorial director di Amistad (una divisione della casa editrice Harper Collins).

Un’altra testimonianza significativa è quella di Erroll McDonald (vice president e executive editor per Pantheon), che nell’articolo afferma che “al giorno d’oggi, a causa dell’indignazione per l’omicidio di George Floyd, la preponderanza dei libri nella lista dei best seller di saggistica sono libri sulla razza o di scrittori neri. Gli editori sono ora nella posizione ironica di fare soldi con libri di autori che un tempo detenevano in disgrazia. A meno che tu non abbia un cambiamento sistematico da cima a fondo, l’editoria rimarrà una forza culturale conflittuale, che predica qualcosa ma non la pratica.“

È molto interessante come, nonostante sia considerata una “semplice” romantic comedy, Love Life riesca invece, in questa stagione come nella prima, a far riflettere su argomenti attuali, sociali e culturali, proprio come ci sono riuscite serie autoriali come Master of None di Aziz Ansari e Lena Waithe o Girls di Lena Dunham, per citarne un paio.
L’unica pecca, se proprio vogliamo trovarne una, riguarda il finale, un filo prevedibile e scontato, che rischia di sminuire l’ottimo lavoro svolto dalla sceneggiatura nei nove episodi precedenti. Sarebbe stato meglio evitare di concentrare parecchi avvenimenti significativi negli ultimi trenta minuti (scarsi), per diluirli invece nel corso di più episodi e dedicare a ogni scelta narrativa la giusta enfasi.
Tolto questo, Love Life è indubbiamente una serie che merita di essere vista.

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